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Riguardo la mia ricerca musicale: appunti sparsi


Alcuni mesi fa ho steso alcuni appunti sulla mia ricerca musicale e sulle idee che ne stanno alla base.

Si tratta di riflessioni sparse, estemporanee, buttate giù come ausilio e guida per definire forma e contenuti di questo sito internet, nato dalla necessità di esprimere i vari aspetti del mio "essere musicale".

Molti infatti conoscono solo poche caratteristiche del mio sentire e del mio fare musica, quelle legate ad uno o, nel migliore dei casi, solo a qualcuno dei progetti/ formazioni musicali di cui faccio parte.

In genere accade che gli appassionati di musica folk (che mi conoscono) abbiano familiarità solo con il mio lavoro in quest'ambito e mi identifichino quindi come un flautista folk, i bossanovisti idem, gli amanti del flamenco altrettanto e così via… per non parlare di chi accosta il mio modo di suonare a Ian Anderson solo perché entrambi suoniamo il flauto traverso (destino condiviso, purtroppo, con molti colleghi)... insomma, della mia ricerca non resta molto oltre l'apparenza, così come delle idee e delle motivazioni profonde che vi stanno dietro, sotto, di lato, davanti, dentro e fuori…

Una volta definiti quelli che avrebbero dovuto essere solo spunti per la costruzione del sito, mi sono reso conto che questi, opportunamente rivisti (ma neanche troppo), possono essere destinati anche a chi, bontà sua, abbia la curiosità di capire qualcosa in più del mio essere musicale (e di me di conseguenza) e dei "perché", più intimi e profondi, un essere umano possa esser spinto a "far musica" al di la del mero piacere ludico/estetico, fermo restando il fatto che questi appunti vanno intesi come tali e che allo stato attuale non hanno la pretesa di essere un mini trattato di estetica e/o filosofia della musica (sebbene vi siano elementi che vadano in questa direzione).


Riguardo la mia ricerca musicale (appunti sparsi)

L'approccio generale può apparire contraddittorio in quanto il mio lavoro è influenzato da un lato dall'idea filosofica, intellettuale e forse intellettualistica, che vuole la musica come meta-linguaggio privilegiato nella comunicazione non solo di emozioni e stati d'animo ma anche di concetti ed idee inesprimibili tramite il linguaggio ordinario e, dall'altro, dall'essere cosciente del fatto che un'idea messa in musica non possa arrivare all'ascoltatore tale e quale sia stata concepita dal compositore, che la musica descrittiva sia una mera illusione legata ad un'estetica valida solo in uno specifico momento storico, così come il concetto del "bello".

Peraltro, a mio avviso, non esiste alcun motivo valido per cui l'arte debba essere "bella".

A questo proposito mi piace citare la performance "Art must be beautiful" di Marina Abramovic, nella quale l'artista si spazzola i capelli per un'ora con una spazzola di metallo nella mano destra e si pettina con un pettine di metallo nella sinistra ripetendo "l'arte deve essere bella, l'artista deve essere bello" fino a quando si sfregia il volto e si rovina i capelli.

Ritengo, inoltre, che anche le esecuzioni più minuziose di un unico interprete, non possano riprodurre in modo sempre identico un "manufatto sonoro" e vano è il tentativo dell'essere umano di scolpire su carta, attraverso il più preciso segno grafico concepibile, ciò che è più vicino all'ineffabile ed all'invisibile: il suono.

Pazzi e privi di logica mi appaiono, quindi, i benpensanti e perbenisti, i legiferatori musicali ed i difensori della normalità e della giusta misura, mentre in verità i "Folli" ed i "Visionari" sono coloro i quali, unici, possono cogliere l'essenza caleidoscopica mutante e mutevole della realtà e della vita.

Queste considerazioni mi allontanano dallo sterile accademismo che pure, sebbene scorporato da quanto di arido i tromboni della conservazione vi pongono, resta alla base della mia formazione musicale (altra dicotomia e contraddizione…).

Ecco perché mi piace eseguire i capolavori di grandi autori del passato fino ad arrivare ai grandi del '900, senza però lasciarmi ingabbiare da lacci e laccioli creati e concepiti dai Maestri "Del giusto modo di sonare gli istromenti musicali" e "Del perfetto et magnifico interpretare li sommi Autori cum gratia et precisione".

La regola che mi sono imposto è quella della ricerca costante, di una scelta coerente e soprattutto motivata non condizionata da leggi che più volte sono mutate e muteranno nel corso della storia dell'interpretazione musicale.

Questo per quanto riguarda l'esecuzione di brani musicali "classici" o "eurocolti" o "euro accademici" o come diavolo li si voglia chiamare.

Stesso modo di operare, ampliato dalle possibilità di revisione personale dei temi e delle armonie, è riservato a brani del repertorio jazz, pop, folk o altro, argomento questo che mi permette di introdurre il mio interesse verso la musica cosiddetta pop o popular o leggera (termine che aborro) o come la si voglia (possa) definire. Già, perché francamente la distinzione tra leggero e pesante non mi interessa molto: un tema fatto di due note può avere maggior valore di un'intera sinfonia la dove lo spirito che animi il primo sia pregno di significato musicale e ancor di più meta-musicale o meta-linguistico, ideale, cognitivo, funzionale, logico, religioso, sacro e chi più ne ha più ne metta e la seconda concepita unicamente per soddisfare, ad esempio, un mero bisogno estetico e/o ludico (sebbene, anche in questo caso, io ammetta eccezioni).

Altro concetto che mi interessa è quello del linguaggio musicale come metafora, forma ed essenza della complessità dei linguaggi che ci circondano.

LA MUSICA NON E' UN LINGUAGGIO UNIVERSALE, questa la mia convinzione che vuole essere lo sprone a configurare la nostra mente in modo da aver la volontà, attiva ed instancabile, di cercare di comprendere l'incomprensibile, di scrutare, cercare, ponderare, masticare, fagocitare, digerire e vomitare i segnali e le informazioni dei mondi che ci circondano, visibili ed invisibili, che spesso ci parlano attraverso lingue sconosciute.

Arte senza tabù libera di essere e di decidere, di scegliere cosa prendere e cosa dare, fornendo in questo modo all'ascoltatore la medesima possibilità di essere, decidere, scegliere, che in estrema analisi coincide con l'unico modo di poter essere veramente (nell'ambito delle umane possibilità) se stessi.



A proposito di "FLUTE XXI" ("Flute Twenty-first")

Lo spettacolo nasce dalla necessità di esplorare le potenzialità timbriche del flauto traverso. Questo strumento, infatti, nella sua concezione classica e tradizionale non rappresenta il mio sentire ed essere musicale, così ho sempre cercato di superarne i limiti. Nel far questo mi sono venite in aiuto le tecniche esecutive contemporanee "non convenzionali", che permettono di farne anche uno strumento percussivo ed a volte duro. Pian piano però la mia ricerca si è spostata o allargata verso l'improvvisazione jazz, rock, fino a quella radicale. Ecco che fra i brani sono presenti alcuni standard jazz e non escludo che in futuro possano esserci delle cover rock.

Le mie composizioni comprendono brani di "avanguardia" (ma cos'è oggi l'avanguardia???) quali "Solchi di ghiaccio" e "Scirocco" a pezzi più vicini al jazz, rock e fusion quali "No caminho" e "Memento Audire Semper" o d'atmosfera come "Sahara".

Il folk ovviamente mi interessa data la mia militanza nei LassatilAbballari ed il lavoro intrapreso in seno al Centro delle Arti e delle Culture Tavola Tonda, da qui una versione di "L'autre valse di Amèlie".

E' evidente che non prediligo un linguaggio ad un altro e che la mia idea di estetica musicale non è univoca.

In virtù di ciò, nel tentativo di dare una forma coerente ad un concerto piuttosto vario nei contenuti, lo spettacolo si sta pian piano mutando in un "progetto" con la conseguente possibilità di modularlo a seconda del pubblico del luogo del tipo di manifestazione festival ecc prediligendo di volta in volta l'aspetto jazzistico, di ricerca d'avanguardia, le cover o i miei brani.

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